“Oltre dieci anni fa la Confedilizia iniziò a segnalare il fenomeno – fino a poco tempo prima impensabile – della rinuncia alla proprietà immobiliare, che si aggiungeva a quello della riduzione in ruderi degli edifici.
In un’audizione parlamentare del 2015 scrivevamo: ‘Sono sempre più frequenti, da parte dei proprietari, i tentativi di avvalersi di un diritto garantito dal codice civile ma che sinora era privo di qualsiasi interesse: quello di rinunciare alla proprietà dei propri beni per sottrarsi agli accresciuti oneri – soprattutto di tipo tributario – che sugli stessi gravano, in assenza di qualsiasi redditività e nell’impossibilità, per assenza di domanda, sia di vendere il bene sia di concederlo in locazione’.
Il paradosso – e pure questo denunciammo allora – era che in Italia risultava difficile persino liberarsi di una proprietà, per una serie di ragioni giuridiche. Tanto che adesso – con la sentenza n. 23093, depositata l’11 agosto – sono arrivate ad occuparsi della questione addirittura le Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Ma certa politica e certa stampa non capiranno ancora. E continueranno a pensare, a dire e a scrivere che possedere un immobile è sempre sinonimo di ricchezza. Da tassare persino quando quell’immobile non può essere né utilizzato, né locato, né venduto”.
Giorgio Spaziani Testa
Presidente Confedilizia
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