Interessante articolo di Paolo Scalettaris pubblicato sulla rivista Il fisco (n. 6, del 12.2.2024, p. 551) dal titolo “Locazioni abitative agevolate: attestazione di rispondenza utilizzabile per un contratto diverso dall’originario?”.
Scrive l’autore che l’art. 7 del d.l. n. 73/2022, in tema di attestazioni di rispondenza per i contratti di locazione abitativa agevolata di cui all’art. 1, comma 8, del d.m. 16.1.2017, limita la possibilità di utilizzo dell’attestazione rilasciata per un primo contratto di locazione anche per un contratto successivo relativo al medesimo immobile al solo caso in cui i due contratti di locazione presentino il medesimo contenuto. Partendo da questa premessa, Scalettaris osserva che un’attenta lettura della circolare n. 15/E del 19.6.2023 dell’Agenzia delle entrate – la quale a prima vista potrebbe ritenersi che disattenda tale regola – “consente di attribuire alla stessa un senso pienamente rispettoso della regola anzidetta”.
Al proposito l’autore ricorda che le Entrate così si espressero: “Qualora non sia intervenuto un nuovo accordo territoriale, oppure non siano variate le caratteristiche dell’immobile locato (superficie, posto auto, balconi, terrazze, ascensore, ecc.), la stipula di un nuovo contratto non richiede il rilascio di una nuova attestazione atteso che non sono considerate rilevanti le variazioni del conduttore o del canone di locazione, purché rimanga entro il limite stabilito dall’accordo territoriale indicato nell’attestazione stessa”.
Ciò posto – secondo Scalettaris – “deve essere tenuto presente che nella circolare in questione vi è l’indicazione – con riguardo al nuovo e diverso canone che venisse pattuito con il nuovo contratto di locazione – della necessità che questo resti comunque «entro il limite stabilito dall’accordo territoriale indicato nell’attestazione stessa»”. Sicché “potrebbe pensarsi che solo nel caso in cui l’attestazione rilasciata per il primo contratto indicasse i limiti anzidetti essa sarebbe utilizzabile anche per un nuovo contratto che avesse ad oggetto il medesimo immobile e prevedesse un canone che rispettasse sia il limite minimo sia il limite massimo dei quali vi fosse l’espressa indicazione nell’attestazione relativa al primo contratto”. Ciò che si tratterebbe di considerare, dunque, è che “ove già dalla prima attestazione emergesse con chiarezza che il canone pattuito con il secondo contratto rientrasse nei limiti di fascia fissati dall’accordo territoriale, sarebbe evidentemente inutile l’acquisizione per il secondo contratto di una nuova attestazione che non potrebbe che affermare quanto è già detto dalla prima attestazione”.
da Confedilizia notizie, marzo ’24
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