In 24 ore, Confedilizia ha bloccato la riforma del catasto.
Nella bozza della nota di aggiornamento al Def (Nadef) diffusa nella serata del 30 settembre, si leggeva che “a completamento della manovra di bilancio 2020-2022, il Governo dichiara quali collegati alla decisione di bilancio” 23 disegni di legge, fra i quali uno “recante riforma del catasto”.
Nel testo ufficiale della Nadef pubblicato nella serata dell’1 ottobre sul sito Internet del Ministero dell’economia e delle finanze, i disegni di legge sono diventati 22, per effetto della cancellazione di quello relativo al catasto. Poche ore prima, nella registrazione della puntata della trasmissione televisiva di Porta a Porta, il Viceministro Misiani aveva anticipato tale proposito.
Nelle 24 ore che separano questi due avvenimenti c’è l’azione di Confedilizia, che dalle 20 del 30 settembre ha iniziato un’incessante opera di comunicazione pubblica, di contatti con i giornalisti, di interlocuzioni con la politica.
ll proposito di varare una riforma del catasto – che la Commissione europea raccomanda da tempo all’Italia allo scopo di accrescere il gettito fiscale, cioè di incrementare la tassazione sugli immobili – ci aveva lasciato sconcertati. Il valore degli immobili continua a calare (unico caso in Europa), fino in molti casi all’azzeramento per totale assenza di mercato. Il Paese è costellato di case, negozi e uffici sfitti. Ogni anno aumenta il numero di edifici ridotti, anche di proposito, in ruderi. Su tutto questo immenso patrimonio di risparmi gli italiani hanno pagato, dal 2012 al 2019, 183 miliardi di euro di patrimoniale sotto forma di Imu e Tasi, con la conseguenza – fra l’altro – di comprimere i consumi. La priorità è ridurre questo carico spropositato di tassazione, non di applicare la raccomandazione Ue sul catasto, magari presentandola con la favola dell’eliminazione delle sperequazioni ma con l’effetto, in realtà, di aumentare ancora le imposte sugli immobili e di ridurre le prestazioni sociali collegate all’Isee.
Ma i rischi della nuova manovra – che sarà presentata pochi giorni dopo la chiusura di questo notiziario – non si limitavano alla riforma del catasto. Preoccupanti sono anche le indiscrezioni sull’ipotesi di un taglio degli incentivi fiscali per interventi sugli immobili in funzione del reddito dei contribuenti. Solo poche settimane fa, il Ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli – in un messaggio a Confedilizia in occasione del ventinovesimo convegno del Coordinamento legali a Piacenza – aveva detto di ritenere “necessario prorogare il pacchetto legato agli incentivi per le ristrutturazioni e quello per l’efficienza energetica”, aggiungendo di volere che queste misure a sostegno del settore vengano rese strutturali. Siamo di fronte a un cambio di rotta? Ci si rende conto delle conseguenze che la nuova linea – se confermata – porterebbe sull’attività economica? Probabilmente no.
E la cedolare secca sugli affitti, nelle sue varie espressioni, avrà posto nella prossima legge di bilancio? Ancora non lo sappiamo. La copertina di questo numero di Confedilizia notizie è dedicata a un importante dato che emerge dalla nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2019 (Nadef), ma che era già stato evidenziato da precedenti versioni del medesimo documento. Il dato è quello della dimostrata – attraverso le analisi del Ministero dell’economia e delle finanze – efficacia della cedolare secca sugli affitti ai fini della diminuzione dell’evasione fiscale nelle locazioni.
Come noto, Confedilizia ha sempre chiesto l’introduzione di questo speciale regime di tassazione delle locazioni – ottenuto nel 2011 per gli affitti abitativi e nel 2018 per alcuni di quelli ad uso diverso dall’abitativo – per ragioni diverse da quelle del contrasto all’economia sommersa: ragioni di equità, per via della maggiore gravosità che la tassazione progressiva assume in presenza di una contemporanea imposizione tributaria di tipo patrimoniale, ma anche motivazioni legate all’obiettivo di aumentare l’offerta di immobili in locazione e quindi di favorire l’accesso all’abitazione. Tuttavia, questa nuova conferma del ruolo svolto dalla cedolare nell’aumento degli adempimenti spontanei degli obblighi tributari dovrebbe rappresentare un ulteriore stimolo al Parlamento e al Governo a rinnovare (al minimo) ma possibilmente a rendere strutturali sia la cedolare per le locazioni abitative a canone calmierato sia quella per gli affitti dei locali commerciali di categoria C1 (introdotta con l’ultima legge di bilancio), che andrebbe anche ampliata ed estesa.
Lo capiranno?
g.s.t.
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da Confedilizia notizie, ottobre ’19
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