L’8 e il 9 giugno i cittadini italiani parteciperanno a una tornata elettorale importante. È vero, il ruolo del Parlamento europeo non è così decisivo. Sappiamo tutti che il “potere” dell’Unione è distribuito in diverse istituzioni, a partire da quella Commissione – avente il monopolio dell’iniziativa legislativa – che subirà comunque significativi cambiamenti in ragione del diverso colore politico di diversi Governi attualmente in carica rispetto a quelli in sella cinque anni fa (come noto, infatti, i 27 commissari sono indicati dai singoli Esecutivi nazionali). Ma non può negarsi il grande valore di una consultazione popolare così estesa.
E allora, che cosa aspettarsi? Ma, soprattutto, a che cosa aspirare?
L’esperienza di decenni di vita delle istituzioni europee – che viviamo da vicino grazie alla presenza della Confedilizia, quale rappresentante dell’Italia, nell’Unione internazionale della proprietà immobiliare (Uipi) – ci insegna che molte delle minacce che incombono sui proprietari di immobili, e numerose delle norme che già li opprimono, provengono da Bruxelles.
La quotidiana alleanza fra ideologia, demagogia e interessi materiali conduce molto frequentemente all’approvazione di provvedimenti che individuano nel risparmiatore immobiliare la vittima sacrificale.
Gli esempi potrebbero essere tanti, ma soffermarsi sull’ultimo in ordine di tempo – quello della direttiva sull’efficientamento energetico degli edifici (la cosiddetta direttiva “case green”) – consente di svolgere considerazioni di stringente attualità.
La storia è nota, l’abbiamo raccontata in mille occasioni. Dal 2021 la Confedilizia ha condotto una battaglia pressoché solitaria nei confronti di un provvedimento sbagliato in sé ma particolarmente pericoloso per l’Italia. Ora tanti occhi si sono aperti, tante coscienze si sono svegliate, tante menti si sono liberate: su questa direttiva e sull’intero Green Deal europeo, nel cui contesto il provvedimento si inquadra.
Tardi? Sicuramente. Troppo tardi? Forse no. Nulla è immutabile, neppure il Green Deal della Ue. A che cosa servono, le elezioni europee, se non a dare proprio un segnale di forte, convinta e totale discontinuità con le politiche che hanno caratterizzato gli ultimi cinque anni?
In questo senso, le parole pronunciate a Pescara, il 28 aprile, dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sono confortanti: “Chiediamo un approccio pragmatico, non ideologico, non dirigista, aperto al mercato, aperto all’innovazione. Sono gli stessi principii che abbiamo difeso quando ci siamo battuti contro la direttiva sulle ‘case green’. Una direttiva pensata malissimo, senza tenere conto di alcuna specificità (…). Siamo riusciti a ottenere risultati molto importanti (…). Ora ogni Governo avrà due anni di tempo per predisporre un piano nazionale per la riduzione delle emissioni inquinanti degli edifici e sono due anni che noi vogliamo utilizzare per provare a cambiare una normativa che rimane ancora molto, troppo sbilanciata e che per essere ragionevole deve a monte rispondere a una banale domanda: chi paga?”. È l’impegno che chiedevamo, e che hanno assunto tutti e tre i partiti della maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia): non subire il testo appena approvato, col voto contrario del Governo italiano, ma lavorare per modificarlo.
L’8 e il 9 giugno occorre dire no al dirigismo, no all’ideologia ambientalista (che è cosa ben diversa dall’attenzione all’ambiente), no ai reiterati inviti della Commissione ad aumentare la tassazione patrimoniale sugli immobili. Per poi iniziare a dire sì al buon senso.
Giorgio Spaziani Testa
da Confedilizia notizie, maggio ’24
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